Mondiad.com Open Datasets : Dati su lavoro e occupazione
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Flussi del mercato del lavoro nel 1° trimestre 2023

Tra il quarto trimestre del 2022 e il primo trimestre del 2023, 3,2 milioni di disoccupati nell'UE (il 24,3% di tutti i disoccupati nel quarto trimestre del 2022) hanno trovato lavoro. Durante questo periodo, 6,8 milioni (51,1%) sono rimasti disoccupati e 3,3 milioni di disoccupati (24,6%) sono usciti dalla forza lavoro.

Queste informazioni provengono dai dati pubblicati di recente sui flussi del mercato del lavoro nel primo trimestre del 2023. L'articolo presenta una manciata di risultati dall'articolo più dettagliato Statistics Explained.

(cliccare sulle tabelle)


Fonte dell'insieme di dati: lfsi_long_q (compresi i dati degli Stati membri)


Transizioni del mercato del lavoro - dati trimestrali

L'immagine e la tabella forniscono una panoramica di tutte le possibili transizioni e mostrano i cambiamenti nello status del mercato del lavoro. Nell'immagine, le cifre relative all'occupazione, alla disoccupazione e alla forza lavoro si riferiscono al numero di persone che rimangono in ciascuno status tra i due trimestri. Le frecce grigie indicano la direzione dei flussi netti (vedi Note metodologiche).


Fonte dell'insieme di dati: lfsi_long_q (compresi i dati degli Stati membri)

Di tutti gli occupati nel quarto trimestre del 2022, 2,5 milioni (1,2%) sono diventati disoccupati nel primo trimestre del 2023 e 5,0 milioni (2,4%) sono usciti dalla forza lavoro.

Da quelli contati come fuori dalla forza lavoro nel quarto trimestre del 2022, 5,0 milioni (4,3%) sono entrati nel mondo del lavoro nel primo trimestre del 2023 e 3,9 milioni (3,3%) sono passati alla disoccupazione.

Crescita occupazione trimestre 2023 dati ISTAT

Secondo l'Istat "nel primo trimestre 2023 gli occupati sono cresciuti di oltre mezzo milione", con un trend positivo che si ripropone per "l'ottavo trimestre consecutivo" nel mercato del lavoro. E' quanto rileva l'Istituto di statistica spiegando come ci sia stato un aumento di 513mila occupati rispetto al primo trimestre 2022 (+2,3%) e una crescita rispetto al trimestre precedente di 104mila unità (+0,4%). L'input di lavoro è aumentato dell'1,3% rispetto ai tre mesi precedenti e del 3,3% rispetto al primo trimestre 2022.

Aumenta il costo del lavoro Si segnala inoltre un "rilevante" aumento del costo del lavoro per unità di lavoro dipendente nel primo trimestre, che "raggiunge valori tra i più alti in serie storica". Rispetto al trimestre precedente, la crescita è dell'1,8%, con un aumento sia delle retribuzioni (+1,2%) sia, in misura maggiore, degli oneri sociali (+3%). Sull'anno la crescita è ancora più intensa (+3,9%), con un +3,4% per la componente retributiva e un +5,4% per gli oneri sociali. Sull'aumento delle retribuzioni incidono gli importi una tantum, mentre la crescita degli oneri sociali è legata al restringimento degli interventi di decontribuzione del 2021-22.

Occupazione in ripresa dal secondo trimestre 2021 La fase "di ripresa dell'occupazione, dopo il brusco calo generato dagli effetti della pandemia, è iniziata nel secondo trimestre 2021 (con una crescita pari al 2,2%) - spiegano all'Istat -, è proseguita a ritmi sostenuti tra il terzo 2021 e il secondo trimestre 2022 (arrivano al 4,1% nel primo 2022), è rallentata nel terzo e quarto trimestre 2022, non superando l'1,5%, per tornare al 2,3% nel primo trimestre 2023".

Più dipendenti a tempo indeterminato Scendendo nel dettaglio, l'aumento degli occupati nel primo trimestre rispetto al precedente coinvolge i dipendenti a tempo indeterminato (+92mila, +0,6%) e gli indipendenti (+27mila, +0,5%), mentre i dipendenti a termine risultavano in lieve calo (-15mila, -0,5% in tre mesi).

Anche in termini tendenziali, l'aumento dell'occupazione riguarda i dipendenti a tempo indeterminato (+3,7%) e gli indipendenti (+1%), mentre si riduce il numero dei dipendenti a termine (-2,7%); rispetto al primo trimestre 2022 continua il calo dei disoccupati (-76mila in un anno, -3,5%) e degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-558mila, -4,3%).

Aumenta il tempo pieno "Dal lato delle imprese - dicono all'Istat -, si intensifica la crescita congiunturale delle posizioni lavorative dipendenti che, nel complesso, aumentano dell'1,1% per effetto sia di un'accentuata crescita della componente a tempo pieno (+1%) sia di una spinta al rialzo della componente a tempo parziale (+1,4%)". In termini tendenziali, la crescita delle posizioni dipendenti è pari al 3,1% e l'aumento risulta più intenso per i full time (+3,6%) rispetto ai part-time (+1,7%).

Più ore lavorate per dipendente In aumento anche le ore lavorate per dipendente, in termini congiunturali (+1,9%) e soprattutto, in termini tendenziali (+4,6%); il ricorso alla cassa integrazione scende a 8,7 ore ogni mille lavorate.

Imprese femminili: 6mila in meno nel 2022

Nel 2022, si contano 6mila imprese femminili in meno rispetto al 2021. Lo scorso anno, per effetto di un contesto generale ancora complicato dagli effetti della pandemia, dalla guerra e dalla crisi energetica, molte meno donne hanno dato vita a una impresa nei settori tradizionali (agricoltura, commercio, manifattura, alberghi e ristoranti). In compenso, come mostra la fotografia scattata dall’Osservatorio per l’imprenditorialità femminile di Unioncamere e InfoCamere, l'imprenditoria più innovativa ha accelerato, trainata dai settori a maggior contenuto di conoscenza: sono 2mila in più le imprese femminili nelle Attività professionali, quasi 1.500 in più quelle attive nelle Attività immobiliari, circa mille in più nei Servizi di comunicazione e nelle Attività finanziarie, 800 in più nel Noleggio, agenzie di viaggio e servizi alle imprese.

“La componente più innovativa dell’impresa femminile non solo non si è arresa di fronte alle difficoltà dello scorso anno, ma anzi si è irrobustita”, commenta il presidente di Unioncamere, Andrea Prete. “E’ indicativo di un processo che osserviamo da tempo e che mostra che sempre più donne scelgono di mettere a frutto le proprie competenze ed il proprio talento aprendo attività in alcuni settori che ancora sono a prevalente presenza maschile”.

(cliccare sui grafici)

Fonti di finanziamento per l'avvio dell'attività 


Fonti di finanziamento per la gestione ordinaria dell'attività 





Allegati

Tutti i numeri dell'aumento delle imprese artigiane

Lombardia e Piemonte regioni-guida, dorsale adriatica in affanno


Tornano a crescere le imprese artigiane. Tra gennaio e settembre il bilancio tra iscrizioni e cessazioni di attività del comparto si è attestato a quasi 9mila imprese in più, pari ad un tasso di crescita dello 0,67% rispetto alla fine del 2020, riportando in terreno positivo il saldo dopo un lungo periodo di contrazione e poi di lento recupero. Per effetto di questa progressione, al 30 settembre scorso il perimetro del settore si è attestato 1.295.221 mila unità. E’ quanto emerge dall’analisi Movimprese, condotta da Unioncamere e InfoCamere, sui dati del Registro delle Imprese delle Camere di commercio.


“La ripresa economica sospinge la risalita del settore artigiano, ambito importante dell’economia nazionale”, sottolinea il presidente di Unioncamere, Andrea Prete. “Questo significa che tra gli italiani c’è un rinnovato ottimismo, una voglia di ‘fare’, mettendosi in proprio, che mi auguro si protragga nei prossimi mesi”.


Alla base della crescita del comparto ci sono la forte ripresa del settore delle Costruzioni (+8.795 unità nel periodo, per una crescita dell’1,80%) e la dinamicità dei Servizi di supporto alle imprese (+1.287 imprese per un aumento del 2,29% nei nove mesi considerati).


Non tutti gli ambiti hanno però beneficiato della ripresa economica. Riduzioni consistenti in valore assoluto si registrano nel Trasporto e magazzinaggio (-930 imprese artigiane pari a una variazione del -1,16%), e, soprattutto, nelle Attività manifatturiere (-2.008 imprese, pari al -0,70%).


A livello regionale l’artigianato guadagna terreno soprattutto in Lombardia, prima regione per crescita in valore assoluto, con un saldo di 1.770 imprese artigiane in più nei nove mesi (+0,73%). A seguire nella classifica regionale, tutte con un incremento di oltre 1.000 imprese, troviamo Piemonte (+1.192 e +1,04% in termini relativi), Lazio (1.066 e +1,11%) e Campania (+1.009 e +1,45%). In termini di dinamismo, è invece la Valle d’Aosta (+2,58% corrispondenti a 91 imprese in più) a far segnare la spinta più sostenuta. Subito dopo viene il Trentino Alto-Adige (+1,81% e 473 imprese in più), la Sardegna (+1,55% e 537 unità in più) e la già menzionata Campania. Quattro le regioni – tutte limitrofe – in cui i primi nove mesi del 2021 hanno coinciso con una riduzione di imprese artigiane. In ordine di valori assoluti il fenomeno si è manifestato nelle Marche (-431 unità, pari ad un -0,99%), Abruzzo (-148 e -0,51%), Molise (-42 e – 0,66%) e Umbria (-35 e – 0,17%).


Aumentano le imprese di pulizia e quelle che si occupano di tatuaggi e piercing. Crescono i giardinieri (+ 3.554) e le agenzie per il disbrigo delle pratiche. Aumentano anche le imprese che confezionano accessori d’abbigliamento o le sartorie su misura, così come i designer, di moda e per il settore industriale. Si riducono invece le imprese di costruzioni e quelle che si occupano di ristrutturazione (-24 000 muratori), i “padroncini” addetti ai trasporti su strada, gli elettricisti, i falegnami e i meccanici.


In termini percentuali, ad aumentare di più tra settembre 2013 e settembre 2018 sono i servizi di pulizia (45%), le imprese artigiane di giardinieri (+27%) o quelle che si occupano della riparazione e manutenzione dei macchinari (+16%). A due cifre anche la crescita delle attività di confezione di vestiti da sposa o da cerimonia e le sartorie su misura (+11%). Tassisti, panettieri e parrucchieri/estetisti registrano incrementi meno elevati, compresi tra il +3,1 e il +1,4%.


Negli ultimi cinque anni, le maggiori sofferenze nel mondo artigiano hanno riguardato invece le imprese di costruzione, quelle di trasporto e le attività di falegnameria (-20% in tutti i casi). Le lavanderie si riducono del 17%, i piastrellisti del 15%, gli imbianchini del 14%, i fabbri del 13%. Anche le attività che realizzano lavori di meccanica generale, come la tornitura o fresatura, lasciano sul campo l’11% delle imprese.


Dati in negativo per le imprese artigiane: il peso del ricambio generazionale

L’Italia è conosciuta nel mondo per la cura dei dettagli e per l’artigianalità dei suoi prodotti. Negli ultimi anni, però, si è assistito a un drastico calo delle imprese artigiane, settore da cui si stanno allontanando in particolare i giovani. Secondo uno studio di Unioncamere e InfoCamere basato sui dati di Movimprese, l'analisi statistica del Registro delle imprese delle Camere di commercio, in dieci anni le imprese artigiane guidate dagli under 30 sono diminuite del 41,9% rispetto ai dati del 2011, con una perdita complessiva di 28 mila imprese. Contemporaneamente sono invece cresciute del 47% le ditte artigiane individuali guidate dagli over 70, con picchi che superano il 50% nelle regioni del Mezzogiorno.
Dai dati sulle imprese artigiane italiane si evince dunque la difficoltà nel ricambio generazionale in un settore che complessivamente, tra marzo 2011 e marzo 2021, ha registrato una contrazione di 170 mila unità (-11,7%), portando a 1,3 milioni il totale delle imprese artigiane. Le ditte individuali, che rappresentano oltre l'80% del comparto, sono quelle con perdite maggiori (-12,1%). In particolare, sono quattro le regioni italiane in cui si registra un calo più marcato:

Abruzzo (-21%)
Sardegna (-18%)
Basilicata (-17%)
Sicilia (- 17%)

ARTIGIANATO IN ITALIA: IL RANKING DELLE REGIONI

Se le regioni elencate in precedenza sono quelle che hanno visto diminuire maggiormente le ditte artigiane individuali, attraverso l’analisi dei dati Margò di Cribis abbiamo analizzato dove, al giorno d’oggi, le imprese artigiane sono più numerose. Sul podio abbiamo:

Lombardia (13,4%)
Piemonte (9,5%)
Campania (8,5%).






IMPRESE ARTIGIANE: È LA DITTA INDIVIDUALE LA FORMA GIURIDICA PIÙ DIFFUSA

La dimensione individuale è particolarmente diffusa per chi lavora nel settore dell’artigianato: a fine marzo 2021, infatti, il 77,7% di tutte le imprese artigiane operava sotto la forma giuridica di impresa individuale. Percentuale fra l’altro in linea con quella degli ultimi dieci anni (78,1%). Andando ad analizzare i singoli settori, sono tre quelli in cui si concentra il maggior numero di ditte artigiane individuali:Settore delle Altre attività di servizi (87,3%)
Settore Trasporti e magazzinaggio (82,6%)
Settore Costruzioni (83,1%).



DATI ARTIGIANATO: CONTI IN ROSSO NEL 2020 A CAUSA DEL COVID

Dalle elaborazioni di Unioncamere e Infocamere emerge come l’emergenza pandemica abbia fatto pesantemente sentire i suoi effetti sugli artigiani: nel 2020 il 70% delle imprese artigiane ha subito una riduzione di fatturato contro il 63% delle altre aziende.

Una battuta d’arresto che arriva dopo tre anni di fatturato in crescita. In base ai dati Margò, infatti, il fatturato delle ditte artigiane è stato in continua crescita: 314.537.146 nel 2017, 462.935.673 nel 2018, 495.896.116 nel 2019. Un cambio di marcia che si vede anche nel numero dei dipendenti: mentre nel 2018 erano 17.587 e nel 2019 erano 17.714, nel 2020 essi si riducono a 15.913.



BUONE PROSPETTIVE PER IL SETTORE DELL'ARTIGIANATO: ARIA DI RIPRESA

La ripresa in questa seconda metà dell’anno si fa sentire anche nel settore dell’artigianato e le previsioni per il 2022 sono buone anche sul fronte dell’occupazione, su cui però pesa il problema del ricambio generazionale e la difficoltà a trovare personale qualificato.

Digitalizzazione e green saranno sempre di più le parole chiave che guideranno le imprese, anche quelle artigiane. Non sorprende dunque che da un’indagine condotta dal Centro studi Tagliacarne emerge che il 63% degli artigiani che ha investito in digitale e il 58% degli artigiani che ha puntato sulla sostenibilità, contano di recuperare i livelli produttivi entro il 2022. Se la sostenibilità e l’innovazione sono fondamentali per restare competitivi, per il 43% delle imprese artigiane la qualità dei prodotti resta la leva principale su cui puntare per battere la concorrenza.

Le aspettative per il 2022 sono alte. Lo sono per l’intero comparto produttivo italiano e le imprese artigiane faranno certamente la loro parte contribuendo al rilancio del Paese. Il genio italico si esprime anche nella tenacia con cui si sa reagire e riprendersi. E negli artigiani la genialità di certo non manca.


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