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Patologie croniche in aumento in Italia e proiezioni 2028-2038

Patologie croniche in costante aumento in Italia con incremento della spesa sanitaria. La cronicità non colpisce tutti allo stesso modo: si confermano le diseguaglianze di genere, territoriali, culturali e socio economiche Sono 24 milioni gli italiani con una patologia cronica (le più frequenti sono ipertensione, artrite/artrosi e malattie allergiche) per una spesa sanitaria che sfiora i 67 miliardi di Euro. Ne sono affette più le donne rispetto agli uomini (che però hanno una minore aspettativa di vita). Forti le differenze regionali e locali. Altri fattori di differenza il titolo di studio e la professione svolta. “L’elevata cronicità - commentano i coordinatori dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane Ricciardi e Solipaca - è un tratto distintivo dei Paesi a sviluppo economico avanzato ed è allo stesso tempo un elemento di criticità per i sistemi sanitari. Sostenibilità della spesa sanitaria ed equità le sfide che il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) deve affrontare al più presto”. Roma, 15 febbraio 2019 - Le malattie croniche l’anno scorso hanno interessato quasi il 40% della popolazione del Belpaese, cioè 24 milioni di italiani dei quali 12,5 milioni hanno multi-cronicità. Le proiezioni della cronicità indicano che tra 10 anni, nel 2028, il numero di malati cronici salirà a 25 milioni, mentre i multi-cronici saranno 14 milioni. La patologia cronica più frequente sarà l’ipertensione, con quasi 12 milioni di persone affette nel 2028, mentre l’artrosi/artrite interesserà 11 milioni di italiani; per entrambe le patologie ci si attende 1 milione di malati in più rispetto al 2017. Tra 10 anni le persone affette da osteoporosi, invece, saranno 5,3 milioni, 500 mila in più rispetto al 2017. Inoltre, gli italiani affetti da diabete saranno 3,6 milioni, mentre i malati di cuore 2,7 milioni (cfr. Tavola 1). Quanto alle diverse fasce della popolazione, nel 2028, tra la popolazione della classe di età 45-74 anni, gli ipertesi saranno 7 milioni, quelli affetti da artrosi/artrite 6 milioni, i malati di osteoporosi 2,6 milioni, i malati di diabete circa 2 milioni e i malati di cuore più di 1 milione. Inoltre, tra gli italiani ultra 75enni 4 milioni saranno affetti da ipertensione o artrosi/artrite, 2,5 milioni da osteoporosi, 1,5 milioni da diabete e 1,3 milioni da patologie cardiache. Sono questi i principali dati al momento disponibili del fenomeno cronicità in Italia che nei prossimi anni, più di altri Paesi, dovrà fare i conti con l’aumento di queste patologie; per questo motivo l’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane - che ha sede a Roma presso l’Università Cattolica - offre un quadro sulla prevalenza di questo fenomeno e sullo scenario futuro che si prospetterà nel nostro Paese nei prossimi 10 anni (il focus integrale è pubblicato sul sito www.osservatoriosullasalute.it). Il problema della cronicità rappresenta una sfida molto importante per il futuro di tutte le popolazioni mondiali poiché, come dice l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), le malattie croniche sono “problemi di salute che richiedono un trattamento continuo durante un periodo di tempo da anni a decadi” e richiederanno l’impegno di circa il 70-80% delle risorse sanitarie a livello mondiale. La prevalenza di cronici, cioè il numero di malati di patologie croniche, è in costante e progressiva crescita, con conseguente impegno di risorse sanitarie, economiche e sociali. L’aumento di questo fenomeno è connesso a differenti fattori come l’invecchiamento della popolazione e l’aumento della sopravvivenza dovuti al miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie, al mutamento delle condizioni economiche e sociali, agli stili di vita, all’ambiente e alle nuove terapie. “L’aumento del numero delle persone affette da patologie croniche è anche un segno del successo del nostro SSN, come testimonia il fatto che il tasso di mortalità precoce è diminuito di circa il 20% negli ultimi 12 anni, passando da un valore di circa 290 a circa 230 per 10.000 persone” afferma il Dott. Alessandro Solipaca, Direttore Scientifico dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane diretto dal Prof. Walter Ricciardi. Nel prossimo decennio la spesa per le cronicità salirà fino a 71 miliardi di euro Attualmente nel nostro Paese si stima che si spendono, complessivamente, circa 66,7 miliardi per la cronicità1 ; stando alle proiezioni effettuate sulla base degli scenari demografici futuri elaborati dall’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) e ipotizzando una prevalenza stabile nelle diverse classi di età, nel 2028 spenderemo 70,7 miliardi di Euro. Dal lato dell’assistenza primaria, i dati raccolti dai Medici di Medicina Generale2 (MMG) riferiscono che mediamente in un anno si spendono €1.500 per un paziente con uno scompenso cardiaco congestizio, in ragione del fatto che questi pazienti assorbono il 5,6% delle prescrizioni farmaceutiche a carico del SSN, il 4,0% delle richieste di visite specialistiche e il 4,1% per le prescrizioni di accertamenti diagnostici (Cfr. Grafico 1) (cfr. Grafico 1, Tavola 2). Circa €1.400 annui li assorbe un paziente affetto da malattie ischemiche del cuore, il quale è destinatario del 16,0% delle prescrizioni farmaceutiche a carico del SSN, del 10,6% delle richieste di visite specialistiche e del 10,1% degli accertamenti diagnostici (cfr. Grafico 1, Tavola 3). Quasi €1.300 vengono spesi per un paziente affetto da diabete tipo 2, il quale assorbe il 24,7% delle prescrizioni farmaceutiche a carico del SSN, il 18,5% delle richieste di visite specialistiche e il 18,2% degli accertamenti diagnostici (cfr. Grafico 1, Tavola 4). Un paziente affetto da osteoporosi costa circa €900 annui, poiché è destinatario del 40,7% delle prescrizioni farmaceutiche a carico del SSN, del 35,0% delle richieste di visite specialistiche e del 32,0% degli accertamenti diagnostici (cfr. Grafico 1, Tavola 5). Costa, invece, €864 un paziente con ipertensione arteriosa che assorbe mediamente in un anno il 68,2% di tutte le prescrizioni farmaceutiche a carico del SSN, il 52,2% delle richieste di visite specialistiche e il 51,7% degli accertamenti diagnostici (cfr. Grafico 1, Tavola 6). La Cronicità non è uguale per tutti: differenze di genere, territorio, classi di età e titoli di studio Il quadro sulla cronicità ha nel nostro Paese una spiccata connotazione sociale, con significative differenze di genere, territoriali e di condizione socio-economica. 1Elaborazioni su dati Lombardia - Indirizzi per la presa in carico della cronicità e della fragilità in Regione Lombardia 2016-2018 - Ed. Regione Lombardia. 2 Si tratta di dati raccolti nell’ambito del Progetto Health Search della Società Italiana di Medicina Generale (SIMG). Le donne sono più frequentemente affette da patologie croniche, il 42,6% delle donne vs il 37,0% degli uomini, divario che aumenta per la multicronicità che affligge quasi un quarto delle donne vs il 17,0% degli uomini. Si tratta di differenze in parte dovute alla struttura per età che, come è noto, è più anziana nelle donne. Particolarmente elevati i divari, a svantaggio delle donne, per l’artrosi/artrite e l’osteoporosi, di cui soffrono, rispettivamente, il 20,9% e il 13,2% delle donne vs l’11,1% e il 2,3% degli uomini. Le differenze di genere si acuiscono con l’età, nel periodo adulto della vita (45-54 anni) si inverte il divario rispetto all’ipertensione a svantaggio degli uomini (14,1% tra gli uomini, 11,4% tra le donne), crescono le differenze a svantaggio delle donne rispetto alle artrosi/artrite (7,5% tra gli uomini, 12,7% tra le donne), all’osteoporosi (0,9% tra gli uomini, 4,9% tra le donne) e alle malattie allergiche (10,7% tra gli uomini, 13,0% tra le donne). Nella classe di età più anziana (65-74 anni) il divario cresce ancora, le donne sono molto più frequentemente multicroniche (42,6% tra gli uomini, 54,4% tra le donne), con problemi di osteoporosi (5,2% tra gli uomini, 31,2% tra le donne) e di artrosi/artriti (27,8% tra gli uomini, 48,3% tra le donne); lo svantaggio di genere per gli uomini cresce rispetto al diabete (17,6% tra gli uomini, 12,5% tra le donne) e alle malattie del cuore (14,4% tra gli uomini, 5,4% tra le donne) (cfr. Tavola 7). La Cronicità Regione per Regione: in Calabria primato di malati cronici, a Bolzano i numeri più bassi La prevalenza più elevata di almeno una malattica cronica si registra in Liguria con il 45,1% della popolazione. In Calabria si registra la quota più elevata di malati di diabete, ipertensione e disturbi nervosi, rispettivamente 8,2%, 20,9% e 7,0% della popolazione. Il Molise si caratterizza per la prevalenza maggiore di malati di cuore, il 5,6% della popolazione, la Liguria per quella più elevata di malati di artrosi/artriti, il 22,6%, la Sardegna per la quota maggiore di malati di osteoporosi, il 10,4%, infine la Basilicata spicca per la prevalenza più alta di malati di ulcera gastrica o duodenale e bronchite cronica, 4,5% e 7,7% rispettivamente. La PA di Bolzano presenta la prevalenza più bassa di cronicità per tutte le patologie considerate. I Comuni sotto i 2.000 abitanti sono quelli con la quota più elevata di cronicità, quasi il 45%, mentre nelle periferie delle città Metropolitane si riscontra la quota più elevata di persone che soffrono di malattie allergiche, il 12,2% della popolazione residente (cfr. Tavola 8). Chi studia/ha studiato di più è meno a rischio di cronicità Nel nostro Paese il livello culturale ha un effetto significativo sul rischio di cronicità. I dati dell’Istat evidenziano, infatti, che le persone con livello di istruzione più basso soffrono molto più frequentemente di patologie croniche rispetto al resto della popolazione, con un divario crescente all’aumentare del titolo di studio conseguito. Nel 2017, nella classe di età 45-64 anni, quella in cui insorge la maggior parte della cronicità, la percentuale di persone con la licenza elementare o nessun titolo di studio che è affetta da almeno una patologia cronica è pari al 56,0%, scende al 46,1% tra coloro che hanno un diploma e al 41,3% tra quelli che possiedono almeno una laurea. L’artrosi/artrite, l’ipertensione e il diabete sono le patologie per le quali si riscontrano i divari sociali maggiori, con riferimento ai titolo di studi estremi, le differenze ammontano, rispettivamente, a 13,1, 12,5 e 7,4 punti percentuali a svantaggio dei meno istruiti (cfr. Tavola 9). Differenze di prevalenza si registrano anche rispetto alle professioni. Le categorie maggiormente colpite da patologie croniche sono i disoccupati (quelli alla ricerca di nuova occupazione) e gli autonomi; tra i primi la percentuale di coloro che soffrono di almeno una patologia cronica sono il 36,3%, mentre tra i secondi si attesta al 34,6%. Rispetto alla condizione di multicronicità, i disoccupati palesano mediamente maggiori svantaggi rispetto ad artrosi/artrite e disturbi nervosi. Tra gli autonomi la patologia per la quale palesano mediamente più svantaggio è l’ipertensione (cfr. Tavola 10). Di fronte all’allarmante prospettiva di un aumento della domanda di salute, il SSN sta ponendo le basi per attuare un cambiamento indirizzato a una appropriata ed equa gestione della cronicità, così come dichiarato nel Piano Nazionale della Cronicità3 . Esso nasce dall’esigenza di armonizzare, a livello nazionale, le attività di gestione della cronicità, con l’intento di promuovere interventi basati sulla unitarietà di approccio, centrati sulla persona e orientati verso una migliore organizzazione dei servizi e una piena responsabilizzazione di tutti gli attori dell’assistenza. Il Piano propone nuovi modelli organizzativi centrati sulle cure territoriali e domiciliari, integrate, delegando all’assistenza ospedaliera la gestione dei casi acuti/complessi non gestibili dagli operatori sanitari delle cure primarie. La “presa in carico” del cittadino dovrebbe avvenire sulla base dei Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali delineati per ogni patologia, sempre tenendo in considerazione le peculiarità di ogni singolo paziente. Questo approccio dovrebbe avere l’obiettivo di offrire ad ogni paziente le cure appropriate al momento giusto e nel luogo giusto, ricevendo l’assistenza di operatori sanitari che, per ruolo e competenze, possono prenderlo in cura affrontando e risolvendo i problemi di salute con un approccio sistemico e multidimensionale. “Il quadro che si sta prospettando impone, oltre che un nuovo approccio sistemico per l’assistenza ai malati cronici, un cambio di passo delle politiche di prevenzione - conclude il professor Walter Ricciardi, Ordinario di Igiene all’Università Cattolica e Direttore dell’Osservatorio - poiché la sostenibilità della salute dei prossimi anni si gioca sulla capacità di resilienza con azioni proattive delle Istituzioni e dei cittadini in termini di promozione di stili di vita salutari e di prevenzione di secondo livello”.

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